Sembrava solo una leggenda, una delle tante, di quelle esiliate dalle pagine ufficiali dei libri di storia, ma che sopravvivono oralmente all’incedere del tempo, tramandate di generazione in generazione, ammantate di un fitto alone di fascino, mistero e condite di elementi spesso inquietanti, come le immancabili maledizioni. La leggenda del “tesoro degli Imperiali“: il racconto di forzieri colmi di monete d’oro forgiate in Spagna, lingotti puri provenienti dalle Americhe, smeraldi e rubini offerti in dono dalle nobili famiglie di mezza Europa, gioielli un tempo incastonati nelle corone dei più grandi sovrani del Sacro Romano Impero e poi finiti lì, tra gli averi degli Impriali. Ricchezze immense, accumulate dal blasonato casale in due secoli e andate perdute, si narra, in mare aperto durante una tempesta, nel tentativo di trasportarle in segreto da Genova fino in Puglia.
Fantasie, si è sempre detto. Invece no, è tutto vero. Il tesoro della famiglia Imperiali, tra le più ricche e potenti nel Sud Italia a cavallo tra il XVII e XVIII secolo, esiste ed è sempre stato lì, nel cuore di Francavilla – feudo del casato di origini genovesi – sotto gli occhi e i piedi di tutti, nascosto nei sotterranei del Castello che degli stessi Imperiali porta il nome. L’inestimabile patrimonio è tornato alla luce dopo secoli di oblio per puro caso, durante i lavori di ristrutturazione che da mesi sono in corso a Palazzo di Città (foto a sinistra). E’ stata una squadra di operai impegnata negli scavi a scoprirlo. Uno di loro il primo ad aver messo mano sul tesoro, attualmente ricoverato in ospedale per una frattura alla gamba, ripercorre in esclusiva per lo Strillone News i momenti della clamorosa scoperta.
P. D. A., 41 anni, giunge subito al punto; racconta di aver udito un suono, simile a una voce, mentre armato di pala sollevava il terreno nel quale avrebbe dovuto fissare una delle travi per puntellare le pareti. “Stavo scavando da circa mezz’ora quando qualcuno, non so chi, mi ha parlato, giuro, ordinandomi di fermarmi. Ho sentito ‘Non continuare’. Mi sono girato di scatto, guardandomi attorno, ma non c’era nessuno. Così ho continuato, anche se con un certo timore, perché ho letto molti articoli di queste voci che ogni tanto si sentirebbero in quel castello. Si dice che siano i fantasmi della famiglia Imperiali: non che io ci creda, ma ammetto di aver avuto un po’ di paura. E infatti, pochi secondi dopo, di nuovo quell’ordine, stavolta più nitido: ‘Fermati’ mi ha detto. Mi sono spaventato ancora di più, ho cominciato a sudare freddo, perché non vedevo nessuno attorno a me, e poi quella voce non l’avevo mai sentita prima, sembrava quella di Beppe Grillo. Insomma, ho accelerato il passo per sbrigarmi e tornare dai colleghi il prima possibile quando bum, all’improvviso il muro che stava accanto al buco che avevo appena finito di scavare è venuto giù. Ma non tutto, solo in parte”.
Ed è qui che accade l’impensabile. “Ho notato – prosegue l’operaio – che dietro quella parte di muro crollato c’era come una stanza, completamente buia. Mi sono affacciato, ho acceso la torcia e l’ho puntata all’interno. Credetemi, ho avuto quasi un mancamento. Ovunque io illuminassi c’era oro, vedevo solo oro, montagnole di monete, quadri, gioielli, lingotti, statue, sacchi pieni di cereali e non so cos’altro. Su uno di questi era poggiato il quadro raffigurante un nobile con i baffi, in posa accanto a un camino. L’ho guardato, e all’improvviso mi è sembrato di vedere i suoi occhi muoversi. E ho sentito di nuovo quella voce”. Cosa le ha detto? “‘Che tu sia maledetto'”. L’operaio questo punto non riesce a trattenere le lacrime. Ma prosegue col suo racconto: “Ho cacciato un urlo fortissimo, mi sono ritratto e sono caduto nella buca. Ed è lì che mi sono spezzato la gamba. Ed è lì che ho capito di aver fatto un grave errore. Ho capito di essere stato maledetto, che dovevo dare ascolto a quella voce, che dovevo fermarmi”.
Il racconto dell’operaio finisce qui. Le lacrime sgorgano a fiumi. Non riesce a continuare, anche perché gli hanno apppena comunicato che la moglie è fuggita col suo migliore amico, lasciando da solo in casa il gatto che mangiandosi il suo pesce rosso preferito, si è strozzato morendo a sua volta.
Il tesoro è stato intanto, e in gran segreto, recuperato. Ori, gioielli e opere d’arte, il cui valore è stato stimato in circa 2 miliardi e mezzo di euro, dovrebbe restare nelle casse del Comune. Ma una buona parte sembra già essere sparita. Sul caso la politica non si sbilancia. Il primo cittadino Maurizio Bruno si abbottona e non spiega come intenda investire il patrimonio. Abbiamo cercato di contattarlo telefonicamente, ma dalle Maldive, dove pare si sia recato col proprio jet privato per partecipare a un incontro istituzionale da tenersi nella sua nuova casa affacciata sull’Oceano dal tema “piscina olimpionica nel bagno di casa, meglio riempirla d’acqua o di Don Perignon?”, non risponde a nessuna chiamata.