Quando l’arrestarono lo scorso 13 ottobre con l’accusa di detenzione di droga a fini di spaccio, lei si difese incredula e ostinata, urlando la sua innocenza, cercando in ogni modo di convincere i carabinieri che lei, con quei barattoli pieni di cocaina e sostanza da taglio trovati nel muretto a secco della sua abitazione in campagna, non aveva nulla a che fare. Ovviamente servì a ben poco. Molti, in simili circostanze, si comportano allo stesso modo, sbraitando, giurando, piombando dalle nuvole, salvo poi calarsi la maschera e svelare la recita messa in scena. Ma non era questo il suo caso. Anna Lerna, 56 anni, contandina di Francavilla Fontana, innocente lo era per davvero.
La verità è venuta a galla solo al termine del processo celebrato davanti al gup del tribunale di Brindisi Maurizio Saso, che l’ha assolta per non aver commesso il fatto. A salvarla da una condanna (il pm Pierpaolo Montinaro aveva chiesto 5 anni e 7 mesi di reclusione) sono state le sue parole, quelle dell’uomo arrestato con lei, il 37enne Pompepo Nannavecchia che provò a scagionarla da subito, ma soprattutto le sue mani ben curate. Sì perché la prova principale esibita dall’accusa erano i contanti (210 euro) trovati in casa della donna e di cui non sembrava possibile giustificare l’origine se non con l’ipotesi spaccio. Anna Lerna ha spiegato che lei, in quel periodo, lavorava come bracciante agricola.
Ma era difficile darle credito viste e considerate quelle mani così curate, le unghie sane e per nulla annerite. E invece, ha insistito la donna, anche una contandina può avere mani e unghie decenti: basta un po’ di gel ricostituente, e tanta cura. Alla fine, nonostante la pesante richiesta del pm, il giudice ha voluto darle credito, credendo alle sue parole, e alla storia della manicure che delicatamente, pezzo dopo pezzo, ha smontato il castello accusatorio edificato dall’accusa. L’altro imputato invece, Pompeo Nannavecchia, ha patteggiato 3 anni e 7 mesi.