Secondo l’impresa che gestisce il servizio di refezione scolastica a Oria – Ladisa Spa, con sede a Bari – i genitori che nei giorni scorsi si sono lamentati della qualità dei pasti somministrati ai propri figli sarebbero, né più né meno, dei bugiardi. Al di là delle perifrasi e delle presunte “notizie prive di fondamento”, avrebbero il naso di “Pinocchio” anche le insegnanti che – ci risulta – in alcune occasioni hanno addirittura deciso di non far ingerire ai bimbi – di questo si tratta: di bimbi – cibi che loro, da mamme, ai loro figli non avrebbero fatto ingerire.
Noi la replica della rispettabile, esperta e certificata impresa l’abbiamo pubblicata, convinti che tutti abbiano il diritto di dire la propria e che, spesso, la ragione si collochi nel mezzo o giù di lì.
Tuttavia, proprio non ci va di far passare la tesi secondo cui non sia mai successo nulla e secondo cui mamme e papà siano impazziti collettivamente, all’improvviso.
A che pro, perseguendo quale arcano scopo?
No, a noi sembra impossibile che decine di genitori si sognino – un bel giorno – di associarsi a delinquere per diffamare l’impresa che ogni giorno dà da mangiare ai propri figli, peraltro chiedendo un incontro ufficiale e civilissimo alla commissaria prefettizia. Peraltro, appare strano prendersela con un funzionario del governo anziché con un sindaco, quando ancora ce n’era uno.
Non ci sarebbe, non c’è una logica in un ragionamento simile.
Nessuno ha messo in dubbio l’onorabilità dell’impresa Ladisa, solo a noi pare sia stato rivendicato un sacrosanto diritto: il diritto dei bimbi a mangiare perlomeno decentemente, così da poter usufruire – cosa che, ticket alla mano, diversi di loro non fanno più – nella maniera più salutare possibile di quel momento di socializzazione, prim’ancora che di sostentamento, che è da che mondo è mondo la mensa scolastica. Un diritto cui fa da compendio, ovviamente, la legittima aspettativa dei genitori di poter stare tranquilli quando i figli non mangino a casa.
Se i disservizi ci sono stati – e noi, pur non essendo incaricati di pubblico servizio, non abbiamo ragione di dubitarne – e da chi o da cosa siano dipesi, è compito dell’impresa, specie in considerazione del suo essere particolarmente qualificata nel settore e dunque a tutela della sua stessa immagine, accertarlo e soprattutto fare in modo che da adesso in poi non si verifichino più.
Eliseo Zanzarelli, direttore dello Strillone
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