La scuola musicale comunale funziona, per la scuola musicale comunale non c’è abbastanza spazio. Sono saltate le trattative per far accomodare docenti e allievi musicisti anche nei locali attualmente in uso all’Università della terza età oltre a quelli istituzionali di via Trento. Si cerca di correre ai ripari, dislocando parte dei corsi a castello Imperiali, ma non sarebbe di certo la soluzione più comoda né quella che questa scuola, sempre più prestigiosa, ambita e apprezzata, meriterebbe.
Un gradimento crescente, quello per questa istituzione francavillese, anche grazie anche alla recente intesa, stipulata dal sindaco Maurizio Bruno e dal maestro Antonio Curto, direttore della scuola di Francavilla, con il maestro Antonio Papapietro, direttore del conservatorio Nino Rota di Monopoli. Si è creata, insomma, una situazione paradossale: considerato l’alto numero di iscritti e di corsi, ma l’esiguità dello spazio a disposizione, il servizio rischia di diventare un disservizio. Nonostante la qualità, unanimemente riconosciuta alla “Padre Serafino Marinosci”, un fiore all’occhiello per la città e anche una mosca bianca nel panorama dei Comuni del circondario e non solo di esso. Testimonianza stessa di una sensibilità culturale e artistica altrove sconosciute e qui, invece, note e – udite, udite – confluite in una realtà perfettamente efficiente e autosufficiente.
Le rette degli allievi coprono infatti per intero o quasi il costo del personale e consentono anche di acquistare gli strumenti. Differentemente rispetto ad altri organismi che ricadono sotto l’egida del Comune – si pensi, per tutti, alla Fiera dell’Ascensione – la scuola musicale è una realtà sana, persino in crescita. Solo che ultimamente deve fare i conti con l’Università della terza età, che proprio non intende togliere il disturbo. Mica poi per rimanere in mezzo alla strada, ma per occupare altri edifici pubblici in zona Peraro. Secondo accordi precedenti.
Senza il consenso degli anziani, però, per la scuola musicale non c’è possibilità di utilizzare gli altri locali di via Trento, quelli che sarebbero più funzionali a un allargamento e a un ampliamento di orizzonti che, anziché rappresentare motivo d’orgoglio, costituisce ad oggi un problema. Strano, ma purtroppo vero.