A Torchiarolo, nel piccolo, minuscolo, anonimo comune di Torchiarolo, lo Stato ha sottratto per sempre negli anni alle bocche voraci della mafia nostrana qualcosa come 50 beni: 43 terreni agricoli, 2 ville, 2 appartamenti condominiali, un box, un terreno con fabbricato rurale, un altro fabbricato. A Lecce, nel vicino, grande, internazionale, comune di Lecce, ombelico dell’estate italiana appena trascorsa, ma anche sede della procura Antimafia guidata da Cataldo Motta, gli immobili confiscati alla Scu sono stati dal 1991 a oggi 43. Torchiarolo – Lecce: 50 a 43. Numeri, storie, sproporzioni, che tratteggiano i contorni di una realtà, quella della mafia pugliese e brindisina in particolare, poco nota al grande pubblico, poco celebre rispetto alle altre, ma non per questo meno infida e tossica
Per sfiancare la “bestia” lo Stato – meglio, la magistratura e le forze dell’ordine – ha imparato a disporre di un’arma efficace spesso più delle cimici e delle manette: la confisca. Ai sedicenti uomini d’onore puoi toccare tutto: puoi ammazzargli un parente, arrestargli un amico, costringerlo alla fuga, negargli la libertà. Il suo potere, il suo prestigio, resteranno pressoché intatti. Togligli una casa, un terreno, un box, le azioni, i soldi, le società, e puoi sperare di annichilirlo. Nella provincia di Brindisi, secondo i dati forniti dall’ANBSC e messi in ordine dall’Espresso, i beni confiscati alle cosche che si spartiscono da anni il territorio sono 309 fra case, ville, terreni, azioni, società, conti correnti. Un patrimonio immenso edificato dall’anti Stato con soldi rubati, estorti, occultati allo Stato, di cui quest’ultimo ora è tornato in possesso. Ma per farne cosa? Poco e nulla.
La provincia di Brindisi con i suoi 309 beni confiscati è la seconda in Puglia, superata di misura dalla sola (ben più grande per estensione, popolazione ed economia) Bari con 347, è seguita da Taranto (176), Lecce (150), Foggia (91) e Bat (53). Cifre che sono la testimonianza cristallina di uno Stato che in provincia di Brindisi c’è: merito dei suoi poliziotti, dei suoi carabinieri, dei suoi finanzieri, dei suoi magistrati che più che altrove combattono e vincono.
Ma il loro impegno non sempre culmina nel fine ultimo di consegnare allo Stato ciò che loro con fatica hanno strappato alle cosche targate Scu. Nella provincia di Brindisi su 309 beni confiscati solo 63 sono attualmente in gestione. Il resto è pressoché abbandonato, dimentica, in attesa di consegna o consegnato e non ancora in gestione. La catena si intoppa nel suo ultimo anello, e la farraginosa burocrazia sembra essere la principale causa.
Ma quali sono i comuni brindisini col maggior numero di beni mafiosi confiscati in pancia? In premessa precisiamo che sono 6 i Comuni dove, all’agenzia nazionale, non risulta a oggi nemmeno un bene confiscato: Francavilla Fontana, San Donaci, Erchie, San Pancrazio Salentino, Villa Castelli, San Michele Salentino. Brindisi, patria dei clan più solidi, quelli di Buccarella e Campana per intendersi, la fa da padrona con 106 immobili (36 appartamenti in condominio, 26 box e garage, 12 locali, 5 abitazioni, 2 fabbricati, 6 ville, 1 capannone, 3 terreni agricoli, 2 con fabbricazione rurale, 2 edificabili) e 11 aziende. Seguono Torchiarolo, di cui si è già detto, e Fasano con 6 aziende e 45 immobili (15 in condominio, 11 altri locali, 5 box, 6 terreni agricoli, 3 abitazioni indipendenti, 1 capannone, 1 terreno edificabile, 3 ville).
A Ostuni gli immobili confiscati sono 28: 12 terreni agricoli, 6 appartamenti in condominio, 5 ville, 2 box, 3 altri immobili; 17 quelli nella confinante Ceglie Messapica: 5 appartamenti in condominio, 5 box, 4 terreni agricoli, 3 altri immobili.
A San Vito dei Normanni si contano 19 beni confiscati, tra cui 10 terreni, 3 aziende, 2 ville, 2 abitazioni indipendenti e un altro locale; mentre nella Mesasgne che alla Scu diede i natali alla Sacra Corona Unita col fondatore Pino Rogoli i beni passato dal clan allo Stato sono 10: 3 appartamenti, 2 terreni agricoli, uno edificabile, 2 con fabbricato rurale, un altro fabbricato e un’azienda. Poi c’è Oria con i suoi 5 terreni, Torre Santa Susanna (1 terreno agricolo e una villa), Carovigno con un appartamento in condominio.
San Pietro Vernotico conta 2 aziende strappate alle cosche locali e 13 immobili: un’abitazione principale, una in condominio, 3 altri fabbricati, 5 altri locali, un terreno agricolo e due edificabili; Cellino San Marco un’azienda, un capannone e due terreni agricoli.