Il Ministero dell’Interno nei giorni scorsi si è pronunciato su una questione che probabilmente solo gli addetti ai lavori o, meglio, i diretti interessati conoscono: la corresponsione da parte degli enti locali dei contributi previdenziali ai lavoratori autonomi che assumano l’incarico di amministratori. Esempio pratico: se un libero professionista (medico, avvocato, ingegnere, commercialista, ecc.) fa l’assessore (o anche il sindaco, il presidente) in una giunta territoriale, i contributi all’istituto di previdenza glieli può versare, dietro sua richiesta, lo stesso ente. In passato è successo che abbiano goduto dei contributi a carico degli enti locali anche amministratori lavoratori autonomi non in aspettativa, che quindi non si erano dedicati esclusivamente all’attività amministrativa. L’interpretazione della normativa da parte del Ministero è resa nota dall’associazione di tutela dei consumatori Asdico di Oria, che richiama, per l’appunto, il parere ministeriale del 9 aprile 2014:
«Chiarimenti sull’obbligo per l’ente locale di versare i contributi assistenziali e previdenziali per gli amministratori che non siano lavoratori autonomi. Sull’interpretazione dell’art. 86 Tuel 267/2000, il Ministero dell’Interno secondo l’orientamento indicato dalle sezioni regionali della Corte dei Conti della Basilicata e della Lombardia con delibere rispettivamente del 15 gennaio 2014 e del 5 marzo 2014 afferma che l’obbligo per gli enti locali di versare i contributi per i propri amministratori che siano lavoratori autonomi è da intendersi subordinato all’espressa rinuncia da parte di questi ultimi all’espletamento dell’attività lavorativa durante lo svolgimento del mandato. Quindi anche per i lavoratori non dipendenti, per i quali l’istituto del collocamento in aspettativa non esiste, deve subordinarsi la concessione del beneficio all’espressa e concreta rinuncia all’espletamento dell’attività lavorativa svolta, così da garantire che l’incarico istituzionale sia effettuato nelle medesime condizioni di esclusività previste per i lavoratori dipendenti. Gli enti locali dovranno individuare, nell’ambito della propria autonomia organizzativa e gestionale, le opportune modalità di accertamento e verifica circa la sussistenza dei presupposti che consentono di procedere all’erogazione».
Le conseguenze di quest’orientamento sono presto dette: quanti, tra gli amministratori lavoratori autonomi, si sono visti versare i contributi dall’ente di appartenenza, pur non avendo optato per l’aspettativa dalla professione, potrebbe essere chiamato a restituire il quantum. Quello emesso dal Ministero è comunque un parere interpretativo della normativa già vigente al quale gli enti locali, se lo volessero, potrebbero uniformarsi. Da qualunque angolazione la si osservi, una “novità” potenzialmente in grado di far tornare nelle casse degli enti pubblici dislocati nell’intera Penisola migliaia e migliaia di euro nel corso degli anni, secondo il Ministero e la Corte dei Conti, indebitamente percepiti a spese di tutti da quegli amministratori lavoratori autonomi – e ce ne sono tanti – che hanno espressamente deciso di beneficiare di questo istituto.