Per Massimo Ferrarese le elezioni europee non sono andate come sperato. In un partito che a stento a livello nazionale ha sfondato la temuta asticella del 4%, l’ex presidente della Provincia di Brindisi è arrivato quinto, nonostante i 31mila voti rastrellati nella sola Puglia. Seppur sconfitto nei numeri, la punta di diamante di Alfano in Puglia non ha tuttavia alcunché di cui rimproverarsi. Dopo aver macinato vittorie in Salento e trascinato i suoi partiti ai massimi livelli ovunque, Ferrarese ha tentato la carta dell’Europa, sfidando vecchie volpi e vecchia politica. Ha rilanciato le sue idee, comunicandole in un modo innovativo e fresco, ha portato in dote la sua onestà, le sue capacità umane, i suoi successi personali e politici (quel “già fatto” diventato il must della sua campagna elettorale). Eppure tutto questo non è bastato.
Alla prova del voto sono state altre le logiche a prevalere. A lui gli elettori di Alfano hanno preferito Lorenzo Cesa, plurinquisito, già latitante nel 1993, quindi arrestato e messo in carcere, condannato nel 2001 a 3 anni e 3 mesi di galera per corruzione aggravata. Quando dopo la latitanza si consegnò ai magistrati disse: “Oggi mi sento più sereno e intendo svuotare il sacco”. Nel 2005 arrivò ovviamente la prescrizione a cui non rinunciò. Tra le sue memorabili proposte, quella di dare ulteriori soldi ai parlamentari affinché possano portarsi le famiglie a Roma e resistere così alla tentazione di tradire le mogli. Geniale.
Il secondo arrivato è Giuseppe Scopelliti, presidente uscente della regione Calabria, plurindagato, condannato lo scorso marzo a 6 anni di galera per abuso d’ufficio e falso, ovviamente candidato alle europee.
Il terzo classificato è Filippo Piccone. Il suo nome spunta nell’inchiesta della Procura di Pescara che ha portato all’arresto dell’assessore regionale dell’Abruzzo Lanfranco Venturoni è indagato mezzo Pdl Abruzzo. E’ la solita storia di favori tra politici e imprenditori, alle spalle dei cittadini. Piccone non risulta indagato, nonostante gli atti giudiziari parlino di pressioni e interventi per la realizzazione di un inceneritore nella Marsica, nel quale “intravide un’enorme opportunità di arricchimento e non un’esigenza pubblica”.
Da non dimenticare ovviamente il presidente del Consiglio regionale della Campania Paolo Romano. La sua campagna elettorale non è stata facile. Proprio sul più bello è incappato nei finanzieri di Caserta che a una settimana dal voto lo hanno arrestato per concussione.
In questo quadro la figura di un uomo come Massimo Ferrarese avrebbe dovuto spiccare sulle altre, non solo per la fedina penale intonsa – cosa rara a questo punto – ma anche per la ventata di fresco e onestà che avrebbe potuto portare. L’elettorato del Nuovo centrodestra gli ha preferito noti frequentatori di aule giudiziarie e galere. Bontà loro.
Emilio Mola