No, non si tratta di speciali sconti elezioni da parte del gestore. Di quelli neanche l’ombra. Durante la campagna elettorale, però, le bollette diventano, per chi sia interessato, ugualmente più leggere. No, nessun allaccio abusivo, nessun trucco del magnete posizionato accanto al contatore. Niente di tutto ciò. Solo la generosità – la chiameremo convenzionalmente così – di uno, dieci, cento candidati che in cambio di una o più crocette sul proprio simbolo, e magari anche del proprio nome scritto sulla scheda elettorale il 25 maggio, si fanno carico di alcune spese correnti, tra le quali appunto quelle delle bollette, che pesano sull’economia domestica delle famiglie francavillesi.
Se e quanto sia vero, è tutto da verificare, ma i «si dice» sono sempre più insistenti: il fenomeno ci sarebbe – assicurano – ma circolerebbe nel sottobosco elettorale, piuttosto fitto e ricco. Sono tanti, sempre più quelli che da un bimestre all’altro rischiano di trovarsi senza luce, acqua e gas per l’impossibilità di onorare i debiti, ed è qui allora che “provvidenziale” s’insinua la magnanimità, per nulla disinteressata, di qualche politico, in questo periodo particolarmente sensibile alle necessità – anche spicciole – dei concittadini: una sorta di redistribuzione del reddito tesa a riequilibrare pure enormi situazioni di disparità economica.
Sarebbe beneficenza, se dietro non ci fosse contropartita, il più classico del do ut des. A differenza che per le promesse, qui si è in presenza di cose concrete: soldi, pochi, subito e maledetti. Qualcuno si ostina a indicarlo come voto di scambio, mentre chi lo pratica e quanti ne beneficiano seguitano a inquadrarlo come “tu dai una mano a me, io la do a te”. Qualcosa, insomma, di simile al più a un baratto.
Un peccato e, a dirla tutta, un reato, anche perché la libertà di voto non ha in teoria un prezzo. Anche imnaginando un baratto equo, cosa contraccambiare con un voto o un pacchetto di voti? Una bolletta, due? La spesa settimanale? Il raffronto non regge con ogni contraccambio possibile e immaginabile. Un voto serve soprattutto a disincentivare queste pratiche vili. Se davvero, nella realtà e a ridosso della schiusa delle urne, lo si volesse. La contingenza però racconta di una campagna elettorale, oggi più che in passato, avvertita come boccata d’ossigeno o, se si preferisce, come il pretesto per mettere in tavola quel tozzo di pane che sempre più spesso manca. Ché i soldi in giro sono pochi, le occasioni pure, ma in compenso i candidati sono tanti…