C’era una folla commossa per dare ieri sera l’ultimo saluto al capitano Emilio Dell’Aquila, comandante della polizia municipale di Oria scomparso all’improvviso domenica mentre si trovava, da solo, nella sua casa di campagna dove si stava dedicando, come spesso faceva, alle sue colture. C’erano, tra i presenti, numerosi suoi colleghi, altri esponenti delle forze dell’ordine e delle istituzioni oltre a tanti altri semplici cittadini che hanno tenuto a esserci. «Che peso guidare questa macchina (la Fiat Panda del comando di Oria) – ha detto un suo ex collega – con accanto soltanto quel suo berretto», quel berretto con lo stemma della città federiciana e le insegne rosse, intorno ai ricami dorati, concesse soltanto agli alti ufficiali.
Hanno celebrato la santa messa monsignor Barsanofio Vecchio della basilica cattedrale di Oria, don Domenico Spina della parrocchia di San Francesco d’Assisi e don Tommaso Prisciano di San Francesco di Paola. Nelle loro parole, il ricordo di uno storico e stimato dipendente del Comune, di un servitore dello Stato, ma soprattutto di un uomo, coi suoi pregi e i suoi difetti, con le sue virtù e i suoi peccati.
Se ne sarebbe andato in pensione tra poco più di un anno, Dell’Aquila, che aveva preso servizio presso il Comune di Oria il primo maggio del 1975. L’ha ricordato, commosso, il suo collega dell’epoca – cominciarono a lavorare assieme, da semplici agenti – Ercole Avvenire, che dall’altare ha recitato la preghiera del vigile urbano.
Alla presenza della giunta al gran completo, ha speso per lui parole di elogio il sindaco Cosimo Ferretti, a un certo punto scoppiato in lacrime: «Oggi io ho perso, noi abbiamo perso un grande collaboratore e un grande uomo: come avrebbe dovuto svolgere al meglio il proprio dovere con soli tre vigili urbani in organico?».
E, ancora, ha detto, parlando a braccio, il primo cittadino: «Ora che il comandante non c’è più, con chi ve la prenderete per ogni cosa che non vi andrà giù? E allora, non parcheggiate in divieto, rispettiamo almeno la sua memoria, la memoria di un uomo che a Oria ha dato tanto: prendete il castello, ha soltanto fatto il suo dovere, non è vero che è stata colpa sua, è stato merito suo perché andava fatto esattamente quello che lui ha fatto».
Tra due ali composte da colleghi e altri esponenti delle forze dell’ordine, da parenti, amici e conoscenti, il feretro del comandante ha poi lasciato la chiesa diretto al cimitero, al termine di una funzione sobria e sentita, sotto il caldo torrido di una giornata di luglio di questa torrida estate. Mancherà a Oria e Oria mancherà a lui, che per Oria si è speso tanto.